Ortigara enduro: sulle tracce della storia
Poter dire di aver conquistato la cima dell' Ortigara senza spargimenti di sangue è un privilegio di cui possiamo godere noi contemporanei. Poco più di un secolo fa una simile intenzione è stata pagata con un prezzo esorbitante di vite umane: oltre 30.000 giovani in uniforme di entrambi gli schieramenti sono stati fatalmente travolti da un'ondata di ferro e fuoco che ha trasformato questa brulla sommità di poco più di 2.100m di altitudine in un carnaio.
Immergiamoci per un attimo in quella drammatica pagina di storia. Nel giugno del 1917 gli Alti Comandi italiani sono ossessionati dall'ipotesi che gli avversari possano dilagare nella pianura veneta scendendo da questa vetta azzannata dagli imperiali durante la "spedizione punitiva" avvenuta esattamente un anno prima. Gli episodi che seguiranno sono quelli narrati dal più grande biografo italiano della Grande Guerra: Emilio Lussu nel suo "Un anno sull'Altipiano". Il racconto parte proprio da qui: dall'avanzata austriaca fino al Monte Fior nel 1916 a ridosso delle ultime trincee italiane prima della pianura. A chi ha letto questo libro saranno rimasti impressi gli "Hurrà" esclamati dagli austriaci ormai convinti di avere la vittoria in pugno. Invece no: l'arrivo del Generale Inverno stabilizza il fronte e rimanda gli intenti bellicosi all'anno successivo ma sotto l'iniziativa italiana. Dal 10 al 29 giugno '17 l'Ortigara si trasformerà in un vulcano innescato a suon di bombe. Si prospetta una battaglia epica di quelle mai viste a quote così elevate. Per gli italiani inizierà male con un bombardamento fratricida che per errore spazzerà via le prime linee italiane. Le ben piazzate mitragliatrici austriache, le antiquate tattiche di assalto, e la spregiudicatezza dei generali nel mandare inutilmente soldati al macello vanificheranno tutte le velleità di riconquista.
Una mattanza infruttuosa che viene oggi ricordata con la colonna di marmo spezzata che fu posta a ricordo del martirio nei primi anni del dopoguerra. Poco più avanti si trova il ceppo degli austriaci a testimonianza di quanto vicini fossero gli schieramenti e in quali condizioni si trovarono a combattere.
Ma veniamo all'itinerario mtb che inizia da Gallio, uno dei sette comuni dell'Altopiano di Asiago, collocato subito a ridosso delle prime salite che conducono alla vetta.
Raggiunta la cima non resta che ammirare come in una veduta aerea la sottostante Valsugana e la contrapposta catena montuosa trentina che sembra fronteggiare quella veneta in una non ancora sopita sfida tra i due fronti.
La discesa inizia in corrispondenza della campana: il primo tratto è veramente indiavolato e richiede ottime capacità per almeno 2 km.
L'inizio è vertical poi digrada con scarsa pendenza ma con un fondo decisamente roccioso e tecnico. Segue un lungo tratto di ricongiungimento, prevalentemente in discesa, per dirigersi verso Malga Slapeur nella zona del Monte Fior dove ci attende un'infuocata discesa sul sentiero 686. Un cartello indica la chiusura temporanea del sentiero per lavori forestali a seguito della tempesta Vaia, in realta il sentiero è evidentemente frequentato e del tutto sgombro dalle vittime delle furia del vento.
Attraversato un bucolico prato il trail scende seguendo una stretta valle scavata dalla millenaria erosione dell'acqua. Passaggi millimetrici, rock garden da brivido e tornanti strettissimi sono la giusta ricarica di adrenalina per completare il giro sugli ultimi 4 km di asfalto.
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