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Madriccio epico: alla conquista del passo ciclabile più alto d'Europa

Ci sono itinerari che rappresentano un superlativo assoluto: conquistare il Passo del Madriccio con i suoi 3.123m significa mettere le ruote sulla più alta strada ciclabile d'Europa. 




L'avventura ha il sapore epico di chi affronta i giganti della montagna partendo dai suoi piedi dove scorrono valli intervallate dai filari di mele a perdita d'occhio per arrivare alle brulle vette dove svolazzano i rapaci.



pub Salita durissima per pendenze e dislivello ma con il margine contrattuale di 700m D+ della funivia vivamente raccomandata per chi può contare solo sulla forza delle gambe.

Partenza da Morter nel parcheggio della Kulturhaus. Primi 20 km che fluiscono in leggera salita sulle tracce della via Claudia Augusta trasformata in una ciclabile che si infila in vari comuni fino a Prato allo Stelvio. Da qui si svolta affiancando le fragorose acque del Rio Solda per immettersi rapidamente sulla strada del Passo dello Stelvio e la sua ciclabile ancora abbozzata. 

Abbandoniamo questa trafficata arteria dopo 4km svoltando sulla carrareccia che taglia tra i boschi per arrivare nel giro di 2km alla strada asfaltata che porta a Solda. Le pendenze sono regolari e non stancanti.

A Solda si può arrivare girando a sinistra per evitare il traffico ed immortalare scorci panoramici invidiabili sul Gran Zebrù, ma spingendo qualche metro di dislivello in più. Oppure procedere sulla provinciale: in ogni caso sono gli ultimi 3km di asfalto prima di entrare in paese.




Da qui si può prendere l'impianto ed ascendere con comodità  fino a quota 2.700m, oppure affrontare l'impietosa ma spettacolare mulattiera che serpeggia tra prati alpini e ruscelli che intarsiano come vene le distese rocciose dell'Ortles








Approdati al rifugio Milano, con 40 km che gravano sulle spalle, non resta che affrontare il calvario finale che conduce all'agognato passo. La sede stradale è ancora larga e carreggiabile ma le pendenze richiedono spesso quella spinta in più senza la quale le gambe non avanzerebbero.

A mitigare la fatica di questi ultimi 3km è lo scenario lunare riservato ai visitatori che hanno superato questa dura prova selettiva. Alle scabre rocce grigio rossastre fa da contraltare lo scintillante candore delle nevi dei sempre più risicati ghiacciai. A contrastare l'aridità di distese rocciose è invece lo scorrere dirompente di ruscelli che divorano rocce e terriccio assumendone la colorazione pastello.












E' ora di voltare pagina e dai ritratti romantici degli scalatori ci volgiamo sull'altro versante dove si parla il linguaggio adrenalinico della discesa. E non è certo la classica discesa che in pochi minuti sei giù! 




Nel tratto che termina al Rifugio Corsi il livello tecnico è decisamente alto, in un paio di punti è consigliabile scendere a piedi per evitare rischi inutili ma con una buona tecnica e qualche colpo di reni in più si può affrontare tutto in sella. Guida estremamente fisica e brutale nel primissimo frangente con fondo roccioso e tornanti angolatissimi. Seguono passaggi più fluidi che intervallano tra un tratto tecnico e l'altro sempre con rock garden e passaggi infuocati.










Superato il rifugio girare a destra su un sentiero tutt'altro che banale con passaggi impegnativi tra sassi e radici di larici fino a sbucare sul lago di Gioveretto.

Finale lunghissimo ma qui dipende da quelle forze residue: si può optare per sentiero che continua ancora con tratti tecnici ed impegnativi oppure alzare bandiera bianca e scendere su asfalto fino a Ganda e poi sullo sterrato che costeggia il torrente.

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