Le origini della MTB
Quali origini ha la Mountain Bike? In questo articoli percorreremo a ritroso la storia evolutiva del nostro mezzo prediletto. Non è solo mera curiosità ma una ricerca per riscoprirne significato e valore.
Dalla mente di un designer sognatore e avventuriero
J. Breeze intento a modificare un vecchio modello di bici da portalettere fonte www.breezerbikes.com |
Il luogo dove è avvenuta l'alba della MTB è la California, e più precisamente quella di metà anni '70: un periodo di sperimentazioni su vasta scala che non mancò di coinvolgere anche il mondo delle due ruote.
Il pioniere che stiamo cercando è un certo Joe Breeze (classe 1953) allora sconosciuto avvocato e designer innamorato di biciclette. La sua passione andavo oltre la dimensione sportiva: un sogno animava le sue giornate passate in garage a creare mostri meccanici. Voleva realizzare un sogno che coltivava sin da bambino: creare una bici adatta per ogni avventura, per ogni terreno, qualcosa di anticonvenzionale, insomma una espressione di libertà.
1977, con Breeze nasce la prima mtb da componenti originali |
L'archetipo della MTB bici da postino USA anni '30
La bici elaborata da Breeze assomigliava molto alle prime mtb che abbiamo iniziato a vedere verso la fine degli anni 80: telai rinforzati, cerchi più larghi e qualche pollice di gomma in più. In pratica una bmx per adulti. Eppure, per quanto la cosa appaia buffa ai nostri occhi, quei mezzi erano già pronti per un battesimo di fuoco. Breeze infatti non era l'unico intenzionato a stravolgere il modo classico di fare ciclismo, trovò in questo dei gregari i cui cognomi sono stampati nella pagine di storia della bici quali Gary Fisher, Charlie Kelly, e Tom Ritchey (tutti futuri imprenditori del settore).
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Alan Bonds in "gara" al Repack |
Quello che decisero di fare, solo 2 anni dopo fu una gara di Downhill su una pista tagliafuoco...e ha dell'incredibile perché siamo nel 1976!
I mezzi impiegati erano in realtà delle robuste bici da postino degli anni 30-40. Venivano progressivamente adattate per geometria e dimensioni delle gomme. La pista prese il nome di Repack (dall'ingl. riassemblare) proprio perché oltre ad un improvvisato circuito si trasformò in un laboratorio da cui scendevano mezzi sempre più evoluti.
Mezzi bizzarri cavalcati da piloti scapigliati, con improbabili camicioni, blue jeans, freno in contropedale ed ovviamente capelli al vento senza casco.
In questo contesto bohemien si è originata la scintilla di una rivoluzione destinata a travalicare l'ambito sportivo per sfociare in una ricerca di armonia uomo natura. La bicicletta dalle ruote artigliate diventerà un mezzo per conquistare nuove libertà in nuovi spazi: luoghi incontaminati e sperduti che anche noi, fino a qualche anno fa, potevamo solo sognare di percorrere sui pedali.
Raffaele Ganzerli
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