Punta Veleno: in salita ma anche in discesa
Nell'epopea del Giro d'Italia quella di Punta Veleno è una delle salite più famigerate. Il nome stesso non nasce da un toponimo ma da una sorta di soprannome cucito addosso dagli atleti a due ruote per raffigurare la fatica di questi 20 tornanti su asfalto che in 10 km portano a scalare 1.000m.
Questo sottofondo di imprese ciclistiche dei tempi andati ci accompagnerà nella prima metà dell'itinerario: nella seconda ritroveremo lo spirito enduro e di quelli più avventurosi.
Partenza dal bagnasciuga del lago di Garda sul confine tra Malcesine e Assenza di Brenzone. Dritti davanti a noi si profilano i 200 metri di linearità dell'isola di Trimelone: ancora visibili e ben conservati i resti dell'avamposto militare italiano che ebbe un ruolo tattico negli anni della Grande Guerra.
La salita non ha bisogno di descrizioni: superata la frazione di Castello si devia sulla sinistra prendendo Via Foscolo e da qui in avanti ogni km sarà tabellato.
Procedendo con calma e gustando i panorami il diavolo sarà meno brutto di quanto lo si dipinge: basta mantenere un buon ritmo o al massimo zig-zagare come fanno i montanari.
A Zovel, quando manca l'ultimo trio di tornanti, si può approfittare dello spazio in prossimità della malga per un piacevolissimo pic nic sui tavolini con vista mozzafiato sul grande lago.
Al km 8 svolta antioraria tutta a sinistra abbandonando l'asfalto. Ad un primo tratto in lieve discesa segue un paio di km di mangia e bevi a mezza costa dove prestare anche attenzione ai passaggi esposti e comunque non pericolosi.
L'andatura si fa definitivamente enduro a partire dal km 10: il sentiero gira tutto a sinistra del traliccio dell'alta tensione. Alta tensione che appartiene anche a parecchi tratti del percorso in particolare sulle rocce ancora ammantate dell'umidità mattutina.
Le traiettorie di questo trail sono spesso imprevedibili e ad aggiungere ulteriori dosi di emozioni sono i tratti scavati dai cinghiali e una frana su cui improvvisarsi surfisti.
Il tratto hard molla solo quando si rientra nella civiltà: a segnarla è la coltivazione del pregiato ulivo gardesano. Non rimane che solcare i selciati di antiche mulattiere e strade contadine per tornare rapidamente a riabbracciare le acque del lago.
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