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Epico Renon: da Bolzano al Corno (Rittenhorn)

Passare dal traffico del capoluogo altoatesino alla brulla vetta del Corno del Renon è un'esperienza mtb che si può definire epica; e  l'impiego della cabinovia è decisamente perdonabile anche agli occhi dei puristi. 



pub L'illusione che una volta raggiunta la cima sarà tutta una lunga discesa svanirà come la neve esposta al sole che qui scompare con i primi tepori di maggio. 

Il racconto inizia da Soprabolzano, capolinea della funivia e punto di passaggio dello storico "trenino del Renon", realizzato all'inizio del '900 e attualmente ridotto a servizio interurbano.

Sempre all'inizio del secolo scorso questo ameno angolo di montagna sud tirolese ammaliò uno degli spiriti più inquieti del XX secolo: il fondatore della psicoanalisi Sigmund Freud. 

In una lettera al collega ed amico C. G. Jung riportò questi effetti "Caro amico, ...qui sul Renon stiamo divinamente bene e il posto è bellissimo. Ho scoperto in me il piacere inesauribile del dolce far nulla, temperato appena da un paio d'ore dedicate alla lettura di qualche novità..."

... ma erano altri tempi.

Superato un breve scorcio di asfalto si passa al fondo naturale che ci accompagnerà per gran parte della salita. Dopo una manciata di km si incrocia un curioso allevamento di alpaca.



Intorno al km 4 inizia un tratto in discesa: breve ma piuttosto sassoso e da non sottovalutare. Dopo aver attraversato un fitto bosco di conifere si arriva al villaggio boschivo di Tann (km 9): da qui si iniziano a respirare atmosfere di alta montagna ma la presenza del "gigante" resta ancora celata allo sguardo. In compenso si può continuare ad ammirare l'inconfondibile profilo dello Sciliar mirando verso oriente.



Lasciata alle spalle la funivia di Pemmern (km 10) si continua schivando l'asfalto per altri 6 km con pendenze uggiose. L'ultimo sforzo merita di essere compensato da un piatto al rifugio "Unterhorn". Da qui (km 14,5) volteggiando in senso orario si raggiunge la vetta su cui troneggia la sfera bianca del meteo radar. Inutile dire che i panorami sono ai massimi livelli con la vista che spazia a 360° dalla valle sarentina alle Dolomiti. 







Scendiamo solcando i brulli campi che ricoprono la chioma del  corno e riprendiamo a salire sul versante opposto cercando di circuire in senso antiorario il lago artificiale che serve all'innevamento artificiale.

Dopo un tragitto panoramico si devia sulla destra per imboccare il sentiero 9 (km 20). Il cartello di divieto alle bici è recente: il nostro consiglio è di affrontarlo a partire dal pomeriggio quando è assai difficile incontrare escursionisti a piedi, e in ogni caso adottare buon senso nella guida. La discesa è tormentata da sassi e radici ma risulta divertente anche se con pendenze poco accentuate. Da qui in avanti si continua con una andatura dalla lentezza quasi esasperante: un continuo alternarsi di saliscendi e strappi in salita tra boschi e pratoni. Non che manchino bellezza e divertimento ma si ha l'impressione di essere su un aereo che stenta a decollare.





Dopo questo interludio di allegro ma non troppo si cambia musica una volta riattraversata Oberbozen (km 30). Si passa ad un ritmo più andante  attaversando boschi in single track fino al tripudio finale del sentiero n 2 dove finalmente incontriamo tutte le sinfonie dell'enduro: dal gravity al rock garden.




 

Ritmo brutale e fondo scassato che non mollano fino al ritorno su asfalto che avviene davanti alla chiesa di Santa Maddalena dove rimangono gli ultimi sgoccioli di dislivello prima di rimettere le ruote in città.



 

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