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Lo straordinario fascino del Carso

E' un fascino del tutto particolare quello che si prova nel visitare il Carso in MTB: un territorio aspro, dove natura e storia hanno lasciato una impronta sinistra ed inquietante, eppure si può star sicuri che questo lembo di terra, che si affaccia sui Balcani dall'angolo più nordorientale della penisola, non può non meravigliare il  viaggiatore che lo attraversa.







Devo subito premettere che si tratta di un itinerario particolarmente provante sotto il profilo psicofisico: le salite del Carso sono doppiamente faticose rispetto ad un normale parametro di salita e le discese proposte sono tra le più tecniche ed emozionanti della zona. A farmi da Virgilio nell' inferno carsico è stata una tra le più esperte guide nazionali MTB locali: Michele Putzolu con l'altrettanto valido fratello Stefano.



Il percorso parte dalle prime alture che si elevano poco sopra Monfalcone e compie un breve sconfinamento in Slovenia: complessivamente si percorrono 40 km con un dislivello di 1160 mt. resi particolarmente duri da un fondo molto sassoso.

Si parcheggia dalle ex fornace di Sagrado e si inizia a salire verso le alture di Polazzo caratterizzate da un alternarsi di ampi pascoli e zone selvagge.
Il primo interessante incontro è l'altare del Dio Beleno che avviene nei primi tre km: si tratta di una particolare formazione rocciosa utilizzata e modificata dai celti per celebrare riti sacrificali in onore del loro dio. Il culto di questa divinità pare sia stato praticato fino al VI secolo dC, e secondo i romani si trattava dell'equivalente del dio Apollo: protettore della luce e della fertilità. E' stato il fulcro della religiosità dei popoli Karnici a cui si devono i primi insediamenti civili del posto. 


L'altare del dio Beleno

Il punto dove avvenivano i sacrifici animali, notare la canalina di scolo per il sangue

Profilo del dio Beleno

Le trincee antistanti all'altare del dio Beleno


Poco distante si vedono affiorare numerose trincee decisamente ben tenute grazie al lavoro dei volontari che hanno contenuto gli effetti di una dilagante vegetazione. 
Superato un bel podere rustico adibito anche a campeggio e fattoria didattica (Alture di Polazzo) si compie una delle prime tipiche attraversate carsiche su spigoloso fondo roccioso e passaggi tra fitta macchia mediterranea. L'obiettivo è gettare lo sguardo sul Lago di Doberbò ed addentrarci tra le mura di Casa Cadorna. Lo scenario è tra i più rappresentativi della Grande Guerra: quello specchio d'acqua, che si riempie solo dopo rigogliose piogge, ha raccolto anche copiose quantità di sangue durante le cruente battaglie tra il '16 ed il '17. 


Lago di Doberdò

Postazioni Casa Cadorna

La cosiddetta Casa Cadorna

Casa Cadorna si presenta come un breve serie di agglomerati in cemento abbarbicati sulla parete rocciosa, dove peraltro il diretto interessato non si è mai degnato di porvi visita. Scopriamo di avere la visuale disturbata dagli alti fusti e per ammirare meglio questo perla turchese, così rara in un territorio che è sinonimo di aridità, occorre aggiungere altri metri di ascesa. Poco sopra infatti uno strapiombo offre una eccellente terrazza per ammirare le luccicanti acque e sui tanti isolotti pullulanti da anatre che costellano il lago.




Da qui si parte per la prima temeraria discesa, breve ma davvero scontrosa con traiettorie imprevedibili e ruote che schizzano come biglie impazzite nonostante la basse pressioni alla gomme.
Si sbuca sulla strada e si prende una larga forestale che porta dritti in Slovenia. Non si vedono più le trincee, che prima erano presenti come fossi lunghi lo strada, ma si arriva al confine: un tempo blindatissimo, ora non restano che scheletrici caseggiati e bunker scalcinati. Fino agli anni '90 ad arrivare con questa disinvoltura sulla linea di frontiera tra due blocchi sarebbe equivalso ad un suicidio: le pallottole dei soldati jugoslavi erano solite sfrecciare su qualsiasi cosa si muovesse oltre il filo spinato.


Cippo di Confine

Casamatta in cemento (epoca della Guerra Fredda)


In questo tratto tra Italia e Slovenia a subire maggiormente il peso della guerra fu la popolazione civile, una serie di pannelli didattici ne ricostruisce le traversie legate agli esodi ed alla necessità di adattarsi ai nuovi occupanti.

Sempre in questo tratto (Vallone) merita una visita particolare l'abisso di Bonetti, una delle particolari formazioni carsiche cavernose che in questo caso furono adattate a ricovero militare.



Ad Opatje Selo ci si ferma per riequilibrare le energie: ottima ed elegante trattoria (la Stirna), buon prezzo ed effusiva simpatia dei gestori che padroneggiano un buon italiano.

Ci spostiamo verso nord muovendo a semicerchio per rientrare nei nostri confini. Tra la fitta boscaglia spuntano numerose postazioni militari tra cui un cannone antiaereo.


Un tempestoso single track stretto e dal fondo sconnesso e molto tecnico riporta impercettibilmente al suolo patrio.
Ora l'obiettivo è la cima di San Michele, altro luogo simbolo del martirio di una generazione mandata al massacro. Questa modesta collina si rivela molto irta da scalare. Presenta sulla cima un museo, diverse postazioni e gallerie sia italiane che austriache. Meglio non menzionare certi lavori di ammodernamento con passerelle di cemento. 


Strada dei cippi

Postazione antiaerea italiana 

Ingresso di tunnel austriaco

Cippo commemorativo in cima a San Michele


La discesa di San Michele è molto divertente, con tratti da Downhill nel primo segmento ricavato nel bosco; è assolutamente libera dal traffico pedonale. Epilogo con attraversata carsica finale su sentieri naturali fino al punto da cui siamo partiti.


   

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