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Il lato oscuro dello Zugna (CAI118)

Lo Zugna, una delle mete irrinunciabili per scoprire il Trentino vero: quello dove le emozioni della storia sono inscindibilmente fuse con quelle di una natura selvaggia. Questo itinerario, grazie alla possibilità di scendere dal sentiero CAI 118, risulterà sorprendente anche a chi già conosce il luogo: in un certo senso sarà come andare alla scoperta del lato oscuro dello Zugna, quello meno battuto dalla maggior parte degli escursionisti.

Trincee di Forte Matassone






Partiamo dal parcheggio dell' Ossario di Rovereto che raccoglie le mortali spoglie di 20.000 caduti italiani ed austroungarici. L'edificio merita indubbiamente una visita completa: sia per il valore commemorativo che per l' imponenza architettonica notabile anche dall'Autostrada. 
Dopo una brevissima discesa inizia la suggestiva Strada degli Artiglieri, caratterizzata dalle targhe, affisse sulle pareti di roccia naturale, con i nomi di tutti gli artiglieri italiani caduti nelle due guerre mondiali.


Sulle orme dei dinosauri

La spettacolo della natura si fa grandioso quando, come rovistando in un libro di storia, si entra nel capitolo dinosauri: un'immensa distesa di rocce grigie che percorre la montagna da cima a valle come in una gigantesca frana è il luogo dove sono stati riportati alla luce i resti dei giganti della preistoria. Ma è anche lo scenario che ispirò il Sommo Poeta Dante per alcuni celebri versi de l'Inferno: è la Ruina Dantesca per l'appunto.
Continuando l'ascesa (appesantita da un fondo ghiaioso e friabile nemico del grip) si scopre che non manca un altro monumento creato stavolta dalla forza dell'acqua: il Fungo di Albaredo una singolare formazione rocciosa che diventa subito preda dei fotografi.



Il fungo di Albaredo

Dopo un leggero strappo ci si immette sulla strada asfaltata che percorre il crinale ascendente che dalla Vallarsa risale fino al rifugio Zugna. 
Il primo incontro con la pagina della Grande Guerra avviene in prossimità di Malga Tof: resti di cisterne d'acqua, grotte fungenti deposito austriache e, girato l'angolo una postazione per cannone italiana, sono solo un preambolo della lunghissima immersione di storia che imperverserà per tutta la durata dell'itinerario. 









Prima delle ostilità l'intero complesso montuoso rientrava nei confini dell' Impero Asburgico. Dopo aver perso il Veneto nel 1866 gli austriaci caldeggiarono l'idea di costruire un forte proprio sullo Zugna, in previsione di una mai realizzata riconquista. Forte Zugna era destinato a rimanere sulla carta ma in compenso vennero realizzate numerose opere viarie e di difesa originariamente destinate a questa struttura fortificata. Allo scoppio della guerra gli austriaci si ritirarono strategicamente sull'altro fianco della Vallarsa in modo da ridurre il fronte ed agire protetti dalla poderosa linea difensiva dell' Altipiano Folgaria Lavarone



Torniamo alla nostra escursione: mentre si prosegue nell'ascesa si incontra un fittissimo reticolo di trincee e postazioni fortificate che non hanno soluzione di continuità e quel che più sorprende è la commistione tra opere dei due eserciti in lotta: come in una scacchiera dove le caselle bianche si alternano a quelle nere. 
Una vistosa (anche un po' aberrante invero) opera in cemento con finestrelle sarebbe la ricostruzione del "Trincerone" un arroccamento da cui gli italiani opposero la massima resistenza dopo la riconquista austriaca del maggio 1916, durante la cosiddetta "Spedizione Punitiva". 





La fine della carrozzabile in asfalto è annunciata dai comignoli del Rifugio Zugna che dopo una serie interminabile di tornanti segna un passo importante: il grosso delle fatiche è ormai alle spalle e ci si possono godere panorami infiniti su tutto il Trentino da nord a sud. Una sosta rifocillante al rifugio, prima dell' ultimo (e non leggero) affondo, e ci si rimette in marcia per "conquistare" la zona del presidio austriaco: qui l'incontro con la storia raggiunge la massima vividezza. Alcuni edifici appaiono straordinariamente intonsi, e la vista è subito rapita da un curioso tetto in pietra ad imbuto utilizzato per la raccolta della preziosissima acqua piovana.




Questo era il fronte caldo dello Zugna, un territorio passato di mano in mano a seconda del vento di guerra: seguendo le didascalia si potrà scoprire l'incredibile contingenza di edifici italiani ed austriaci nello stesso ristrettissimo settore.








E' tempo di scendere, e si imbocca un sentiero che sfreccia di lato ad uno degli edifici diroccati che all'epoca fungeva da cimitero provvisorio e dove ora sorge una curiosa statua fatta con residui di ferraglia. La discesa è precipitosa con panorami che fanno sgranare gli occhi, le curve sono eccitanti ed il bosco offre una piacevole frescura. 



Si ritorna al rifugio concludendo questo piccolo anello da cui si può seguire il tradizionale 115 od il più avventuroso 118 come nel mio caso.
L'incipit è una larga carrareccia che nulla lascia a presagire quanto mi aspetterà di lì a poco seguendo la deviazione per Matassone. Dopo una corta e leggera salita la traccia inizia a serpeggiare vorticando tra tornanti stretti e pareti a pendio che generano inquietudine ed ammirazione al tempo stesso. Anche l'aria si fa più fredda in questo angoli che guardano a settentrione verso le pareti della Vallarsa. Il primo tratto è decisamente tecnico e c'è da sperare che l'umidità non veli le rocce con una patina che renderebbe troppo pericolosi alcuni passaggi che in tal caso sarebbero da fare a piedi: questo vale per i primi 100 mt lineari. 






I primi passaggi sono molto ardimentosi viste le pendenze sottostanti ma il terreno mi dà sicurezza e le affronto senza problemi. Dopo una serie di tornanti decisamente angusti noto che ora lo sfondo è molto cambiato: dalla roccia si passa ad un favoloso flow che serpeggia in un bosco. Il tracciato è sempre strettissimo ma senza l'esposizione di prima. 



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Arrivo a Matassone col pieno di adrenalina e vado a visitare gli sparuti dell' omonimo Forte. Difficile distinguerlo da un accumulo di rocce qualsiasi: d'altronde si tratta di una struttura marginale, subito conquistata dagli italiani (i quali vi hanno aggiunto una trincea) e ripresa (per un breve periodo) dagli austriaci durante la Spedizione Punitiva.




Dal punto di vista escursionistico iniza ora la parte più dolorosa: 100 metri di dislivello in discesa su asfalto. Ma il supplizio termina ad Albaredo dove si risale un breve tratto in direzione di una vistosa antenna bianca e rossa: torniamo nel regno dell' enduro!
Da qui si scende lungo un sentiero boschivo molto divertente con tratti flow misto a passaggi su roccia da eseguire con cura. Si passa davanti al centro documentazione dove è anche posizionata la famosa campana ed in breve si arriva all' Ossario, sempre via bosco.


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